| Ecco come avevo commentato "Marty" al momento dell' uscita:
SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER
La lettura di “Marty” mi lascia piuttosto perplesso. Ma ciò non è necessariamente un male. Chiarisco subito che, a giudizio del sottoscritto, non siamo di fronte a un capolavoro. Il soggetto, come nelle altre due storie che hanno sancito il ritorno sclaviano, è decisamente povero, non ha nulla di veramente nuovo: un anziano solo e malato, preso a calci dalla vita; un assassino inesistente partorito dalla sua immaginazione; tanti, troppi luoghi comuni: dai soliti impiegati cafoni, ai soliti medici frettolosi, ai soliti prepotenti della strada, alla solita favoletta dei genitori-canaglia. E alle solite predicozze buoniste messe sulla bocca di Dylan. Finale estremamente prevedibile: possiamo intuire il destino del protagonista già dal momento in cui avverte i primi dolori alla schiena. Insomma, un soggetto banale, ma comunque più elaborato rispetto a quello de “L’ Assassino è tra Noi”. La sceneggiatura riscatta l’ albo. Dialoghi sempre puntuali e curati, mai lasciati al caso; taglio cinematografico; lettura scorrevole e piacevole. La narrazione è interamente credibile: ogni personaggio è “vivo”, ha caratteristiche psicologiche ben riconoscibili. Pochissimi i tempi morti, forse nessuno. Complessivamente “Marty” si rivela un albo buono, ma non ottimo. Sclavi ha “sentito” la vicenda, ovvio. E non si può che apprezzare ciò, vista la “freddezza” (comunque voluta) del precedente “L’ Assassino è tra Noi”. Ma dovendo inserire il #244 nel filone dei Dyd malinconici, direi che il gap che lo separa, per esempio, da un “Il lungo addio”, da un “Johnny Freak” o da un “Il Sorriso dell’ Oscura Signora” (ma anche da un “Oltre quella Porta” della Barbato) è decisamente notevole. E’ comunque doveroso precisare che, d’ altra parte, il gradimento di questo tipo di storie può variare da persona a persona, può essere influenzato da quanto ciascun lettore si senta vicino alle tematiche trattate. Innegabile è però una certa mancanza di innovazione: lo specchio della società contemporanea che Tiziano ci offre è fin troppo abusato: non c’ è anticonformismo, si ragiona per stereotipi. Detto ciò, constato comunque con gioia che Sclavi è riuscito in tre albi a percorrere tre “generi” decisamente diversi tra loro e tutti egualmente “dylaniati”: quello del non-sense esistenzialistico (“Ucronia”), quello del thriller psicologico (“L’ Assassino è tra Noi”), quello dell’ impegno sociale (“Marty”). I risultati, è vero, sono stati altalenanti, ma credo che per il momento ci si possa accontentare. Se siamo di fronte a una “gita” del papà di Dylan (come lui stesso aveva dichiarato) o a un vero ritorno, solo il tempo potrà stabilirlo (o magari anche il #250, nel quale Tiziano godrà dei disegni di Brindisi e della colorazione)_
V.M.-vietato ai minori- V.M.since1986
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