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#246 La locanda alla fine del mondo

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V.M.
view post Posted on 18/5/2007, 23:15




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#246 LA LOCANDA ALLA FINE DEL MONDO
Soggetto e sceneggiatura: Michele Masiero
Disegni: Giovanni Freghieri
Copertina: Angelo Stano



Ecco come due mesi fa avevo commentato la storia:


Prova deludente per l’ ex-curatore di Mister No, seconda per demerito solo all’ infausta “Gli eredi del Crepuscolo”.
Dopo le accettabili “Insonnia”, “Il cielo può attendere e “L’ inquilino misterioso” era lecito sperare in qualcosa di meglio. La poetica di Masiero andrebbe individuata nel tentativo di scimmiottare le tematiche surreali e puramente horror del primo Sclavi con poca convinzione e forse con ancor meno ispirazione.
Ciò se da una parte dona ai suoi albi un’ atmosfera squisitamente dylaniata, dall’ altra li limita pesantemente dal punto di vista della creatività e dell’ originalità rendendoli troppo sui binari e poco “sentiti”.

SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER

Un prologo lungo e noioso: la solita sparizione di persone, il solito Dylan scettico (persino più di un Bloch stranamente possibilista) ed un Groucho invadente e foriero di battute meno riuscite del solito.
Ancora: solito viaggio in un paesino sperduto, solito sopralluogo solitario e avventato sul luogo del mistero. Un inizio lento e carico di déjà vu. Evitabile.
E poi si parte con la locanda: ogni avventore racconta il proprio decesso. E’ l’ abusatissimo meccanismo delle mini-storie nella storia; peccato che stavolta esse siano talmente brevi, pretestuose e poco riuscite da risultare quasi un mero riempitivo.
Nessuno dei personaggi, infatti, colpisce il lettore: ognuno di loro riceve una caratterizazione psicologica troppo superficiale, fredda, per nulla approfondita. Se a questo si aggiunge la sensazione di dèjà vu di cui sopra si percepisce la differenza abissale che separa “La locanda alla fine del mondo” da molti precedenti capolavori dylaniati che facevano uso della stessa tecnica narrativa.
E a questo punto non si può fare a meno di ricordare lo splendido intreccio architettato da Marcheselli & Sclavi nell’ indimenticabile “Totentanz”; o le drammatiche vicende dei protagonisti de “Il confine” (lode a Chiaverotti); oppure gli affreschi psichedelici degli ospiti del “Ghost Hotel” (ancora Sclavi).
Anche la bella Alyna sembra inserita nel plot in modo forzato e affettato; paradossale la trovata dei suoi poteri psichici, un rozzo pretesto per risolvere la faccenda.
Così come sono patetici e stucchevoli anche la (ormai immancabile) predicozza buonista di Dylan contro i suicidi, il messaggio pro-“seconda possibilità”, l’ enigma del “rood 27” (maddài…), le reazioni cangianti del locandiere nei confronti di Alyna-la-colpevole (dalla foga isterica alla serena rassegnazione).
Vergognosamente dilettantistica l’ idea “geniale” per la quale gli Inferni sarebbero burocratizzati e non riuscirebbero a localizzare in tempi brevi le falle del sistema. Tragicomico…
Insomma, il punto più basso dell’ albo è il finale: davvero troppo facile risolvere gli intrighi con trovate paranormali o tirando fuori storielle di dimensioni parallele, buchi spazio-temporali e amenità simili.

FINE SPOILER FINE SPOILER FINE SPOILER

Oltre a costituire delle grossolane cadute di stile, queste esagerazioni di fantasy sono delle mezze prese in giro del lettore. Perché è normale pretendere da chi lavora come fumettista lo sforzo di concludere le proprie opere in modo degno e professionale.
Beh, questo sforzo è difficile ravvisarlo laddove dopo aver costruito l’ intreccio l’ autore si salva in calcio d’ angolo con un deus ex machina o con soluzioni fantasiose e strampalate (oltre che già viste)_

V.M.-vietato ai minori-
V.M.since1986


 
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