#251 IL GUARDIANO DEL FAROSoggetto e sceneggiatura: Bruno Enna
Disegni: Giovanni Freghieri
Copertina: Angelo Stano
Ecco come altrove ho commentato la storia:A lettura appena iniziata “Il guardiano del faro” sembra avere gli ingredienti per lasciare il segno: i dialoghi di Enna non sono mai fuori posto, il tema della pazzia e le atmosfere claustrofobiche sono alcuni tra i più adorati leitmotiv della serie dylaniata e il Freghieri che ammiriamo sforna la sua miglior prova degli ultimi tempi.
Ma il dipanarsi della trama ed il susseguirsi delle pagine spazzano via gran parte delle aspettative. Ciò è dovuto ad alcuni difetti, ma soprattutto a due furbi ed evitabili escamotage.
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Il primo è il senso di déjà-vu che interessa sia l’ intero soggetto (un’ abitazione, la torre del faro, che porta alla follia: vedere “La casa degli uomini perduti”), sia gli avvenimenti principali (l’ interrogatorio di un assassino in prigione lo abbiamo già visto, per esempio, in “Il prezzo della morte”; il Dylan che vede con gli occhi del carnefice era già presente in “Lo specchio dell’ anima”), sia il finale (fantasmi che chiedono la sepoltura del loro cadavere non sono una novità per chi sguazza nell’ horror).
Tutto sembra magicamente dylaniato, ma nulla è sufficientemente originale.
Il secondo espediente è l’ uso smodato delle didascalie: se da un lato esse meglio chiariscono il difficile stato psicologico di Dylan accrescendo il coinvolgimento del lettore, dall’ altro spesso risultano troppo verbose ed inutilmente letterarie, tanto da rallentare il ritmo fino ad annoiare. Molto meglio sarebbe stato affidarsi alle sole immagini, al limite arricchite da poche frasi brevi e pungenti.
Enna mirava al capolavoro, ma per raggiungere l’ obiettivo ha scelto di far leva più sulla forma che sul contenuto, più sul mestiere che sulla voglia di stupire.
E così l’ albo che ne viene fuori ha come maggior difetto l’ inconsistenza della trama: la crisi di Dylan è ben rappresentata, ma qual è la causa scatenante? Un semplice faro che è “catalizzatore di pulsioni terribili e contrastanti”. E qual è il grande segreto celato dal suddetto faro? Una serie di omicidi commessi dal suo vecchio guardiano. Insomma, tanto rumore per nulla.
Anche la caratterizzazione psicologica dei personaggi-non-protagonisti è poco approfondita, a volte solo accennata (Clifford), altre indecifrabile (il sindaco e la stessa Jay).
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Quel che resta è una storia mediocre.
Il voler recuperare a tutti i costi le atmosfere dei primi Dylan non può essere considerato di per sé un valore aggiunto: sono ugualmente necessarie idee nuove ed interessanti.
E comunque il gap che separa, ad esempio, “La casa degli uomini perduti” e “Il guardiano del faro” non è esclusivamente cronologico: la prima (un capolavoro) catturava il lettore dal’ inizio alla fine, lo risucchiava in un tunnel di delirii privo d’ uscita; la seconda, ahimè, annoia dopo poche pagine e ben presto mostra tutti i propri limiti.
Si spera che per Enna, ormai alla quinta prova, l’ appuntamento con il capolavoro sia stato solo rimandato_
V.M. (vietato ai minori)
V.M. -dal 1986-